19.11.07

als das Kind ein Kind war,...
quando non so cosa fare, cammino.
con il passare degli anni le mie camminate diventano sempre più brevi, per via della schiena, del peso della borsa, del pm10.
ma detesto restare ad aspettare che le cose succedano, o che arrivi il tram.
allora mi avvio.
entro ed esco dai negozi come un'ossessa. non compro niente.
non è lì quello che cerco.
guardo le persone, a volte passa qualcuno in bici e proietta un rettangolino di luce sull'asfalto. a volte qualcuno ha un cappello. un profumo.
poi non guardo le persone, evito deliberatamente di incrociare i loro occhi.
la mia ombra è a zig zag: un pezzo qui, uno lì.
sono sola in una strada e fuori c'è solo l'inverno.

arrivo alla latteria. un negozio in via d'estinzione.
entro con la scusa del cappuccino.
in realtà cerco l'odore di formaggi, di caffè e radio accesa, di sere illuminate verso natale, di calma e di infanzia.
non c'è nessuno al banco e allora entro.
altrimenti no, avrei vergogna di aprire la porta, poi tutte le persone guardano, eccetera.
ordino un cappuccino e me ne sto lì dritta seria al bancone, ma il naso le orecchie gli occhi si riempiono di pace.
ho cinque anni.

non ho una casa a cui tornare. non una cameretta. non le polpette che faceva solo mio padre, al mondo.
le mie radici sono nelle persone. se le persone saltano, salto con loro.
e allora cammino.
cammino, prendo il tram, faccio finta di interessarmi ad altro: e sono molto seria e credibile.
ma finisco sotto al mio albero e pensare che è assurdo che i posti rimangano, quando tutto il resto è andato.
sembra quasi uno scherzo.
io li capisco, quelli che a un certo punto vanno a vivere dall'altra parte del mondo.

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