13.9.04

lunedì mattina.
inizia con la gente chiusa, stipata dentro al nove. il cocchiere (pardon, io li chiamo ancora così, come quando si andava a scuola: cocchiere, auriga) cerca di mettere in moto, cerca di aprire le porte ma non riesce. noi fuori guardiamo dentro. quelli dentro cominciano a guardarsi fra loro preoccupati.
un altro cocchiere si arrampica dall'esterno, tira le leve di emergenza attraverso il finestrino, le porte si aprono, la gente scappa fuori. come animali impauriti.
i tempi, si sa.


un diavolo per capello
un giorno ripenserò ai primi anni del 2000 e rabbrividerò ricordando il tempo in cui tutte le fanciulle dovevano avere il capello stirato liscissimo perfetto attaccato alla faccia.
cosa volete che vi dica, io non sono capace di stirarmi i capelli, ho smesso in 2a liceo, faccio la doccia e vado a letto, la piega me la fanno i miei tre cuscini.

i miei capelli mi donano gentilmente uno stile che varia da mafalda a farah fawcett a shirley temple, a seconda dell'umidità o della posizione in cui dormo. così, quando vago per le strade di questa metropoli così trendy e vedo la marea di teste stirate mi sento un tantino degli anni settanta.
speriamo che la permanente torni presto di moda..

i diritti del lettore
solito treno da garibaldi. aiuto una ragazza peruviana a capire come arrivare a seregno. contenta di essere utile. nel mondo reale.
al binario una sciura tutta curata, con il telefonino ultramoderno, parla a qualcuno intercalando con copiose parolacce. mi faccio appunto mentale di non arrivare alla sua età ad esprimermi così.
il treno è zeppo. questa già sarebbe una novità, ma non finisce qui: il treno è zeppo di gente che parla di culture mediorentali, "hanno il petrolio?" "per fortuna no, se no sarebbero già stati invasi ah ah ah". persone che parlano di vestigia antiche, persone che parlano in inglese, persone che prendono appunti, che viaggiano con carta e penna, l'unità e la repubblica.
E' il festival letteratura di mantova, ed è vero: la città si sveglia per qualche giorno, prima di ripiombare nel caro torpore che inizio a conoscere. strade e piazze piene. code e capannelli. per parlare di libri. per ascoltare i libri e gli scrittori.
e tornarsene per i vicoletti sotto la pioggia, sentendo di nuovo il fuoco sacro della scrittura, anche se è solo un cerino che forse fra qualche ora o giorno.
raccogliersi con altre persone a parlare di come si scrive, computer o penna, studio o biblioteca, documentandosi ma come.. e aver continuamente in mente i lavoratori della wella, uomini e donne di tutte le età, che intanto distribuiscono volantini per far sapere che la loro fabbrica verrà chiusa. avere in mente la situazione al lavoro da me. avere in mente la situazione al lavoro del 95% delle persone con cui parlo.
la duras diceva che la vita, o si vive o si scrive..









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