domitilla
domitilla l'ho conosciuta il primo giorno di scuola. lei con la sua mamma, io con la mia. anche voi cercate la prima b? e così siamo entrate in classe insieme, e siamo rimaste sedute vicine per tutti e cinque gli anni. lei alla fine della fila, io al suo fianco: penultimo banco, a fare da filtro tra domitilla ed il sistema solare.
bella, era bella. occhi verdi, pelle ambrata, capelli castani lisci. modi affascinanti, che incantavano tutti i ragazzi. e gli uomini.
amava la fotografia, amava tutti gli sport e li praticava tutti perfettamente. scriveva, e aveva quel SENTIRE di cui dicevo sopra: pagine e pagine di struggimento, come solo a sedici anni.
quando piangeva aveva gli occhi come due smeraldi.
mi voleva bene credo. anzi, l'idea che avevo era che volesse bene a tutti. eppure aveva il cuore di pietra, nessuno poteva entrare e tutti lo capivano. questo faceva struggere molti uomini, ed anche alcune donne.
con le altre amiche era tutto un tenersi per mano, abbracciarsi, parlare, sviscerare, capire.
con lei invece tutti gli argomenti sembravano banali, c'era anche quasi imbarazzo perchè quello che raccontavamo sembrava non interessarle, lassù sul suo trono.
e si lavava le mani cento volte al giorno, si de-odorava in continuazione. il contatto fisico non le piaceva: a volte mi sembrava che avesse persin schifo di stare in mezzo alle persone. mi chiedevo come facesse con i ragazzi.
essere guardata, però, essere ammirata. questo le piaceva. le bastava.
quando andavamo a casa sua a mangiare tutte insieme, e lei si spogliava e rimaneva così per un po', per essere sicura che vedessimo. quello sì che ci imbarazzava.
ma io la adoravo. era inarrivabile. sembrava pazzesco che accettasse di andare in giro con una sfigata come me, tutta storta grassoccia timida. ero, anche io, in costante contemplazione, umile e devota.
andavamo al bar e ordinava lei. perchè a me il cameriere neanche mi sentiva, ma quando domitilla apriva bocca si stendevano tappeti rossi. non dovevo dirglielo però, perchè si irritava.
per strada mi diceva: perchè mi guardano tutti? ho qualcosa in faccia?, e come un piccolo principe io credevo a questa sua ingenuità, pensavo che davvero non capisse che la guardavano perchè era bella.
io ero come trasparente, ma mi sembrava del tutto ovvio.
mi portava a scuola tutto il cioccolato che girava per casa sua. proprio tutto. anzi, lei si vantava di non mangiarne affatto.
e lo dava tutto a me. perchè io ero golosa.. perchè tanto io..
non so poi come sia successo. finita la scuola, le altre si sono allontanate da noi due: forse pensavano che fossi come lei.
e forse lo ero in qualche modo. e forse non gliel'ho perdonato.
fatto sta che ad un certo punto ho cominciato a vedere, ad ascoltare.
vedere lei, ascoltare le cose che diceva.
vedere che lei e sua madre avevano la fobia dello sporco, e in casa pulivano da cima a fondo una volta alla settimana. ogni stanza, ogni muro.
vedere che il padre era sempre via per lavoro e che lei gli chiedeva di portarle i tanga dal brasile e che lui si infuriava, e improvvisamente cogliere la provocazione.
vedere che sua sorella aveva una sola passione, il basket, e che lei era riuscita a stare col suo allenatore ed inimicarsi tutta la squadra.
sentire come parlava del ragazzo con cui era stata per anni. una settimana dopo averlo lasciato ("è patetico.. e imbarazzante, piange sempre.. non voglio più che esca con me ed i miei amici, gli altri sono d'accordo..").
è stato parecchi anni fa.
una sera eravamo sedute in un posto.
lei per un'ora ha imperversato insultando questo poverino.
io verso il 45esimo ho smesso di difenderlo.
lei mi ha chiesto "e tu come stai?" (dopo un'ora e mezza. era una domanda che non mi faceva da qualche mese).
io ho cominciato a raccontare qualcosa.
lei ha cominciato a guardare da qualche parte alle mie spalle, nel vuoto. non mi ascoltava.
non ne era capace.
io ho smesso di parlare di botto, in mezzo a una frase, per vedere se avevo ragione.
ce l'avevo. è caduto un silenzio lunghissimo, tristissimo.
non si era accorta mai di niente. questa persona non mi sentiva e non sapeva chi fossi.
era la sua ultima chance. non l'ho mai più rivista. mi sono negata sempre.
non avrei saputo come dirle che a un certo punto mi ero stufata di fare lo specchio delle brame, o il cavalier serviente.
sono stata vigliacca. ho avuto paura di dirle in faccia che avevo il sospetto che non amasse davvero nessuno al mondo, e che questo mi deludeva moltissimo.
che avevo bisogno di un'amica vera.
sono stata vigliacca.
16.9.03
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